sabato 2 maggio 2009

L'essenza della linea continua: Bonnefoit



Mercoledì 30 aprile scorso, presso la sala dell’Istituendo Museo Civico sito all’interno del Palazzo della Cultura ginosina, si è inaugurata la personale di pittura del parigino Alain Bonnefoit. All’inaugurazione hanno preso parte anche due artisti toscani, Giovanni Maranghi e Nico Paladini, che non hanno voluto mancare all’appuntamento del loro amico Alain, il presidente della Pro Loco, Vincenzo Cantore, oltre al curatore della mostra, Emanuele Coretti, i quali hanno salutato e accolto il pittore parigino.

Come mai una mostra di Sumi-e a Ginosa? L’idea è partita da Cosimo Vavallo, socio dell’ass. cuturale “L’atelier Arte” che aveva invitato l’artista a Matera per un’altra iniziativa, il quale, da ginosino, ha voluto portare un pizzico di arte nella sua comunità. Dietro questa generosità intellettuale, la Pro Loco ginosina e la Direzione dell’Istituendo Museo Civico, con il patrocinio morale del Comune. “Sfogliando al contrario il catalogo di questa mostra – ha affermato Vavallo – è emozionante, per me, leggere che il primo appuntamento di una personale di Bonnefoit per il 2009 si svolge nel Museo Civico di Ginosa, nonostante per realizzarlo io abbia dovuto superare una sorta di corsa ad ostacoli” anche se dopo queste parole è pesata ancora di più l’assenza degli amministratori locali.

La mostra del pittore parigino Bonnefoit, che dal 1963 trascorre molti mesi all’anno in Italia nello studio in Toscana che comprò per pochi soldi da una donna che incontrò fortuitamente in treno, come raccontato dallo stesso, si intitola “Sumi-e”, sintesi di due termini giapponesi: “sumi”, “inchiostro nero” mentre la “e“ intende la “pittura”. Conversando con il pittore francese si apprende il vero significato di un’arte lontana dal comune sentire il figurativo. Si scopre così la spiritualità di questa tecnica pittorica. Se l’Italia e la pittura senese hanno delineato, anche grazie all’amore di Bonnefoit per Modigliani, il primo impatto con i nudi ed il loro significato essenziale, altro maestro fondamentale per la crescita di Alain è stato Sugyama-yu, pittore e calligrafista giapponese, col quale è nato un sodalizio molto forte. Bonnefoit, infatti, dal suo soggiorno durato un mese nel 1975 in un tempio giapponese, ogni anno torna in Giappone “come uno scolaretto”, ha affermato sorridendo il curatore della mostra Coretti, per continuare i suoi studi calligrafici, altra passione dell’artista parigino appresa dal suo primo maestro di arti marziali.

Per apprezzare le opere del maestro, occorre intendere la filosofia del “Sumi-e”, ecco perché Coretti nel suo intervento durante l’inaugurazione dell’esposizione, ha voluto spiegare alcuni tratti distintivi di questa tecnica pittorica: “…sobrietà e spontaneità, innanzitutto, abbandono di ogni dettaglio superfluo. Basti pensare che  il “ sumi – e” è stato introdotto in Giappone dai monaci Zen. Come per questa filosofia anche per il sumi-e i ritocchi, gli abbellimenti in realtà non arricchiscono l’opera ma ne intorbidano la verità naturale”. Una ricerca filosofica della vera essenza delle cose, come affermato da Bonnefoit, il quale ha voluto far proprio un detto di un artista giapponese definito il “vecchio pazzo del disegno”, Okusawa, il quale sosteneva che a 100 anni gli sarebbe bastato segnare un punto con il pennello per intendere quello che voleva rappresentare. L’essenzialità delle linee dei quadri di Bonnefoit rimanda a quella idea, ed importante per il pittore è l’armonia che si crea con le modelle che di volta in volta si appresta a fermare con la sua maestria. “Per dare vita alle mie opere è necessario un momento preliminare per la preparazione dell’inchiostro ma anche di meditazione, per allontanare tutto quello che non serve in quel momento alla mia mente. Numerosissime sono le mie prove ed i fogli che getto, ma alle volte basta un momento, uno sguardo, e pare che si realizzi quell’intesa tanto che la modella avverte come se la carezzassi con il pennello. Così creo l’opera”. Come per l’arte calligrafica, l'artista prepara l’inchiostro, il sumi, polverizzando delle barrette contro un'apposita pietra mentre i pennelli sono simili a quelli per la calligrafia e producono effetti diversi. Un’arte che potrebbe essere definita povera, che suggerisce più che rappresentare e che dopo il primo impatto sensuale rimanda direttamente all’essenza di colui che la realizza.